Quali rischi corri?

By | 24 Agosto 2017

Ormai da qualche anno i rendimenti dei mercati obbligazionari sono nulli. L’asta del BOT a 12 mesi dello scorso 10-11 agosto ha fissato il rendimento lordo composto allo -0,337%. L’asta del BTP a 10 anni del 28-31 luglio scorso ha fissato il rendimento lordo al 2,16%.

Questi sono i due titoli obbligazionari che, per ogni risparmiatore, devono essere il parametro con il quale confrontare qualsiasi altro suo investimento.

Rendimenti più alti incorporano rischi maggiori.

Prima di tutto è bene riassumere che entrambi sono dei crediti dei risparmiatori nei confronti dell’Italia con due scadenze distinte; una a breve termine (1 anno) l’altra a lungo termine (10 anni) e, per noi italiani, potrebbero rappresentare il rendimento dell’attività senza rischio nonostante i nostri 2.250 miliardi di debito ed un rating appena superiore ai titoli spazzatura.

La tua banca ti ha sicuramente segnalato che per aumentare la redditività è necessario aumentare il rischio.

Ma cosa significa rischio? e a quanto ammonta il rischio che stai o che potresti correre?

E’ bene dire ancora che a grandi rendimenti corrispondono grandi rischi ma è possibile individuarli e classificarli.

La prima distinzione necessaria è distinguere tra titoli azionari ed obbligazionari. I principali rischi dei titoli obbligazionari o di debito sono:

  • RISCHIO EMITTENTE: rimborseranno il tuo credito? Il tuo debitore è solvibile?
  • RISCHIO DI PREZZO: se lo vendo prima della scadenza quale sarà il prezzo di vendita?
  • RISCHIO VALUTA: se la valuta di emissione del prestito si svaluta?

I titoli azionari si differenziano solamente per la mancanza del rischio emittente e quindi di una scadenza.

Generalizzando rischio in finanza significa: incertezza o variabilità del rendimento.

Un investimento nella sua totalità è rischioso se esiste la possibilità di realizzare rendimenti/risultati diversi (minori o maggiori) dal rendimento atteso.

Quanto precede è molto diverso dalla normale associazione rischio uguale perdita di tutto o parte del capitale.

Prima di tutto è necessario ipotizzare quale sia il rendimento futuro del mio investimento. Nella maggior parte dei casi viene calcolata la media dei rendimenti passati. Questa è la prima convenzione importante da conoscere perché, se prendiamo ad esempio il reddito medio di una nazione, lo stesso può risultare molto elevato anche solo grazie alla presenza di pochi multimiliardari a fronte di una massa sotto la soglia di povertà. Ricordate i polli di Trilussa?

Il dato deve essere completato con le misure che tengono conto di questa variabilità (misure di varianza o di dispersione) che indicano quanto ci si può allontanare dal rendimento atteso.

Esistono tante misure diverse di rischio, la più usata nella valutazione di un investimento è la volatilità, deviazione standard o distribuzione normale dei rendimenti.

Geometricamente (come nel grafico di seguito) ha la forma di una campana e, per convenzione, si suppone che, rispetto alla sua media, ci sia una identica distribuzione e quindi la medesima probabilità di avere dei rendimenti inferiori o superiori alla media stessa.

Sapere a quanto ammonta la volatilità del proprio investimento è indispensabile per sapere preventivamente la probabilità che siano mantenute le aspettative iniziali.

Se per esempio mi offrissero uno strumento finanziario con un rendimento atteso del 5% ed una volatilità sempre del 10% ho:

  • il 68,27% di probabilità che il suo rendimento sia compreso tra -5% (5 – 10 = -5) e 15% (5 + 10 = 15);
  • il 95,45% di probabilità che il suo rendimento sia compreso tra -15% (5 – 10×2 = -15) e 25% (5 + 10×2 = 25).