God will save the Queen?

By | 14 Giugno 2016

BrexitChi non ha ancora deciso dove rilassarsi in questa ormai prossima estate sicuramente ci sta pensando. La domanda è sempre la stessa: mare, montagna o qualche città? Why not London?

Londra ha sempre il suo fascino e finanziariamente poi è sempre la city. Come trascorreranno i mercati finanziari questa estate? Ci sorprenderanno con repentini movimenti come spesso capita con il sol leone o ti sei già messo al sicuro con il sell in may and go away?

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Se qualcosa sta attraendo oggi l’attenzione dei mercati finanziari è proprio Londra con il suo referendum di uscita dalla Comunità Economica Europa del prossimo 23 giugno. Mai nel passato recente, un evento è stato così carico di implicazioni su molteplici fronti: finanziario, immobiliare, politico, giuridico ed economico.

I veri eventi drammatici per i mercati sono quelli non conosciuti.

I bookmakers prevedono che al referendum vincerà il “no” ma non sempre, come dimostrato dal Leicester City – vincitore della Premier League di calcio inglese nonostante a inizio campionato fosse quotata 5.000 a 1 – gli allibratori hanno ragione.

Ma chi rischia di più con la Brexit (uscita della Gran Bretagna dalla CEE)? La Standard & Poor’s ha introdotto un Brexit Sensitivity Index  o indice di sensibilità/impatto che sugli altri paesi avrebbe la vittoria dei “si”. Tale indice misura le esportazioni di beni e servizi di venti paesi verso la Gran Bretagna, in rapporto al Pil dei paesi stessi, i flussi migratori in entrambi i sensi, i diritti finanziari sulle controparti UK e gli investimenti diretti.

Dalla classifica emerge che a subire il peggior contraccolpo sarebbero quei centri finanziari aperti: Irlanda, Malta, Lussemburgo, Cipro e la Svizzera con i quali ha stretti rapporti finanziari. Al contrario i grandi paesi europei subirebbero un impatto piuttosto limitato con l’Italia ai piedi della classifica. Ciò non deve però rallegrarci perché non si tengono conto delle ripercussioni politiche e sui mercati che un deficit del 5,2% rispetto al Pil pari a 148 miliardi di dollari provocherebbe.

Ma cosa accadrà se la Brexit passasse?

Passerebbe l’idea che un paese può uscire dalla Unione Europea e sui mercati si comincerebbero a fare delle valutazioni.

La Banca Centrale Europea “risponderà ad ogni possibile rischio” dovuto all’esposizione alla Sterlina delle maggiori banche Ue perchè il settore bancario, non solo britannico, sarebbe il più danneggiato nell’immediato dalla Brexit.

L’uscita dalla Ue potrebbe spingere alcune banche a lasciare la Gran Bretagna per l’Irlanda, la Germanio o il Lussemburgo.

C’è poi il rischio di contagio posto dallo stesso veicolo che ha sparso la crisi dei mutui subprime negli USA: gli Asset Backed Securities (Abs) o cartolarizzazioni in quanto non più utilizzabili per il liquidity coverage ratio o indice di liquidabilità obbligatoria a 30 giorni previsto dagli accordi di Basilea. Le intese prevedono che il sottostante delle obbligazioni ammessi come strumenti di liquidità deve essere originato in uno stato membro dell’unione. Sono, pertanto, a rischio di ammissione le cartolarizzazioni emesse in Gran Bretagna di mutui, prestiti auto e carte di credito per 108 miliardi di euro sui 368 di Abs circolanti in Europa che, non sono i 2.400 miliardi di euro coinvolti negli USA nella crisi dei subprime, ma sarebbero comunque per le banche un problema.

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